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MANIFESTATO E NON-MANIFESTATO

Ultimamente mi sto soffermando sui concetti di manifestato e non-manifestato, non tanto, però, sul loro significato razionale o scientifico, ma quanto su una sensazione mistica, se vogliamo, che sto sentendo in questo periodo. La vita che conosciamo è il manifestato, di contro, il non-manifestato non lo conosciamo e non possiamo conoscerlo, dato che non si manifesta, ma sicuramente anch'esso è vita (il vuoto assoluto non esiste). Forse possiamo parlare di non-manifestato in termini di”potenza”, mentre il manifestato  in quelli di “atto”, ma sempre vita è (ricordiamo che l'Assoluto è sia manifestato che non-manifestato e potenza e atto nell'Assoluto sono simultanei e indivisibili). La manifestazione sul piano assoluto non esiste, perchè esiste solo Dio, è quindi solo relativa e soggettiva e in questa soggettività “appare” nascere, crescere, muoversi, morire. I cosmi si emanano eppoi si riassorbono, la materia ritorna ad essere energia, l'energia ad essere mente, la mente

LA VERA SPIRITUALITÀ

 Ho l'impressione che la spiritualità si sia suddivisa in due tronconi, quella inerente al soggetto/io, volto, quindi, al benessere psico/fisico della persona e alla realizzazione di se stessi e quella in cui il soggetto viene trasceso. Ecco, credo che il fulcro di tutta la spiritualità sia proprio in questa soggettività, che funge da "porta stretta" di evangelica memoria. Riporto un estratto delle parole di Nisargadatta: "Molte persone hanno un forte attaccamento alla loro individualità (ego). In primo luogo e sopra ogni altra cosa vogliono conservare la propria individualità e poi si dedicano alla ricerca, ma non sono pronti a perdere l'individualità.  Vogliono conservare la propria identità e trovare la verità. Invece, in questo processo dovete sbarazzarvi dell'identità. Scoprendo davvero ciò che siete vedrete che non siete un individuo, non siete una persona, non siete un corpo. Chi si afferra alla propria identità corporea non è fatto per questa conoscen

OLTRE SE STESSI

 Fin da ragazzino ho sentito importante il conoscere se stessi e i libri del CF77 me lo hanno confermato, ma conoscere se stessi non è solo un'analisi psicologica o psicoanalitica, perché questi rimangono ristretti nella sfera persona/soggetto (io). Quando vado nel profondo di me, mi accorgo che non riesco a giungere in profondità più di tanto e avverto una presenza, un "qualcosa" che invece sa tutto di me, che mi conosce fin nelle viscere, che mi conosce in ogni cellula ed è lo stesso che conosce tutto l'universo e oltre. In quel momento capisco che non posso essere io il soggetto di me stesso, ma lo è la "sostanza" di cui è fatta la vita e cioè lo "spirito". Nel mondo della percezione non si conosce la sostanza di qualsiasi cosa, ma solo l'attributo, tanto che lo si confonde con la sostanza stessa, non si conosce quindi la realtà di qualsiasi cosa, ma solo l'apparenza, così io non posso conoscere la vera essenza di me finché sono nella pe

TRASCENDERE L'IO

 L'argomento del trascendere l'"io sono" è da sempre poco compreso e poco accettato. E' un argomento delicato, perchè può turbare qualche animo, persino nella spiritualità.  I Maestri del Cerchio Firenze 77 suppongono giustamente che anche se loro ci dicono che ci identificheremo in Dio, come mèta finale, noi saremmo disposti a rinunciarci pur di conservare il nostro "io sono", perchè questo è ancora molto forte in noi. Ci vediamo come un essere che cresce, che evolve si fino a identificarsi in Dio, ma sempre come essere ben distinto ("Se l'uomo evolvesse nel senso del divenire, non giungerebbe mai ad identificarsi in Dio." CF77)("Noi quali ci sentiamo, quali crediamo di essere, fratelli, esistiamo solo nell'illusione; nell'illusione della separatività. IN REALTA' ESISTE SOLO LUI. Ma poiché Lui è Sentire Assoluto, che comprende e riassume in Sé ogni sentire, ciò garantisce che la nostra esistenza non finisce col finire dell

IL VALORE DEL SILENZIO (opuscolo)

 

LO SPAZIO SACRO (video)

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LE PAROLE DEL SILENZIO

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Questo titolo è un ossimoro o un controsenso, ma è voluto, perchè è un po' il senso della vita. Nel momento che voglio parlare del silenzio, esco fuori dal silenzio stesso e non è più “silenzio”. Ogni parola spegne il silenzio! Non posso descriverlo, perchè nel momento che lo faccio, non è più silenzio. Posso solo “sentirlo”, o meglio “esserlo”. Il silenzio è come l'Assoluto, è silente, vuoto, ma “tutto” allo stesso tempo. E' immanente e trascendente allo stesso tempo. Tutto contiene, ma tutto trascende fondendolo in un Tutto Uno Assoluto. E' il manifestato e il non-manifestato. E' un vuoto/pieno, è un silenzio/completo. In quel silenzio, tutte le parole sono contenute, ma fuse e trascese, per cui non hanno bisogno di esprimersi. Gli esseri sono come le parole. Nel momento che voglio esprimere o descrivere il silenzio devo uscire dallo stesso e divento relativo e soggettivo. Divento parola fuori dal silenzio, perchè esso è da me violato. Ritornare a c

IMMORTALITA' E SOPRAVVIVENZA

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  Sento che l'origine di tutto, forse, è proprio nel sentirsi mortali, in questo sentirsi mortali si fa avanti l'io, la persona che sa di dover morire e da lì cerca in ogni modo di uscirne o di abbellire quel lasso di tempo concesso o di immaginare una sua sopravvivenza nell'aldilà. Il sentirsi mortali vuol dire credere alla malattia, alla sofferenza che portano a breve o lungo termine alla deteriorazione e quindi alla morte, vuol dire credere ai bisogni corporali, al mangiare, al dormire, al freddo che portano col tempo alla morte se non li si possiedono. Tutti fattori legati alla mortalità. E' certo che il corpo muore, ma noi moriamo? Si parla di anima che è immortale, molti ci credono, ma se ci credessero veramente si vedrebbero immortali e quindi non influenzati da malattie, sofferenze, bisogni che sono legati alla mortalità e non certo all'immortalità. Forse l'origine di tutto è proprio questa visione, o meglio convinzione di non sentirsi immortali

LO SPAZIO SACRO

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  Ho sentito intensamente il silenzio interiore, l'ho sentito come imponente, maestoso e delicato allo stesso tempo. Era importante, più importante di qualunque altra cosa. Era uno spazio sacro che raccoglieva ogni preoccupazione e le spazzava via. Non ero io che tacevo, era lui che prendeva me. Era un silenzio in cui il me si faceva da parte. Non era uno spazio tra le parole, era uno spazio in cui le parole perdevano di significato. Tutto il rimuginare delle parole non aveva valore. In quel silenzio non ci sono risposte, perchè non ci sono domande; tutto è semplice e naturale lì. Era la calma, la pace, la serenità. Una serenità che non veniva dall'aver risolto i problemi esterni, ma che questi erano irrisori di fronte a quel silenzio. Era la soluzione di ogni cosa. Le parole non potevano esprimere quello che il silenzio stesso esprimeva, pur senza proferire parola. Uno spazio sacro a cui si può sempre accedere, senza aspettare di dover prima risolvere i propri probl

IL SILENZIO NELLA "PRESENZA" E LA PRESENZA NEL SILENZIO (Video)

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