SUPERARE LA PROPRIA SOGGETTIVITA'
Chi
sono io?
Tutto
quello che pensiamo, diciamo, facciamo è sempre in funzione di un
soggetto e a seconda di quello che crediamo di essere ci costruiamo
il nostro mondo soggettivo.
Ma noi sappiamo "chi" siamo?
Se ci identifichiamo in un soggetto errato poi, di conseguenza, avremmo una visione della vita non esatta, quindi è fondamentale, a mio parere, sapere chi siamo.
Ma noi sappiamo "chi" siamo?
Se ci identifichiamo in un soggetto errato poi, di conseguenza, avremmo una visione della vita non esatta, quindi è fondamentale, a mio parere, sapere chi siamo.
Per
un'evoluzione di coscienza si è passati da anime di gruppo a
individui per poi allargarsi per essere un tutto. I Maestri lo hanno
esemplificato con un disegno di due triangoli che si incontrano al
vertice.
Io penso che noi siamo nella fase in cui questo triangolo debba passare dal vertice (individuo/soggetto) verso il Tutto.
Infatti i Maestri ci dicono che non c'è un individuo che diviene, ma tanti sentire che si manifestano dal più piccolo al più complesso e, a mio parere, ci stanno instradando verso il tutto, nel senso che ora, dovremmo vedere la vita non più dal punto di vista prettamente soggettivo.
Io penso che noi siamo nella fase in cui questo triangolo debba passare dal vertice (individuo/soggetto) verso il Tutto.
Infatti i Maestri ci dicono che non c'è un individuo che diviene, ma tanti sentire che si manifestano dal più piccolo al più complesso e, a mio parere, ci stanno instradando verso il tutto, nel senso che ora, dovremmo vedere la vita non più dal punto di vista prettamente soggettivo.
Noi
siamo "sentire di esistere" e quando i Maestri parlano di
"sentire di esistere", non dicono quasi mai il "tuo"
sentire di esistere, ma dicono semplicemente "il" sentire
di esistere, perchè il "sentire di esistere" non ha
bisogno di un soggetto, se ne avesse uno sarebbe Dio, ma nemmeno Dio
è un
soggetto,
infatti Dio non è uno che vive, ma è "Vita", non è uno
che sente, ma è "Sentire Assoluto".
I
Maestri si sono sempre espressi come il Tutto Uno Assoluto e mai come
un Dio/soggetto come invece è inteso dalle religioni. Dio è Tutto,
perchè è ogni cosa e nessuna di esse in particolare e Uno non
inteso come soggetto, ma come un'Unità di innumerevoli sentire uniti
tra loro in una successione logica, altrimenti sarebbero dislocate
qua e là come un caos e Assoluto perchè tutto comprende, fonde e
trascende.
La nostra identità è l'espressione di svariatissimi sentire collegati tra loro in una successione logica da dare un'unità consapevole. La consapevolezza e la coscienza potrebbe essere il soggetto di noi, ma come dicevo prima, la coscienza non ha un soggetto, la coscienza E' e si esprime attraverso le forme.
Noi siamo sempre diversi, di sentire in sentire, di attimo in attimo, di fotogramma in fotogramma.
La nostra identità è l'espressione di svariatissimi sentire collegati tra loro in una successione logica da dare un'unità consapevole. La consapevolezza e la coscienza potrebbe essere il soggetto di noi, ma come dicevo prima, la coscienza non ha un soggetto, la coscienza E' e si esprime attraverso le forme.
Noi siamo sempre diversi, di sentire in sentire, di attimo in attimo, di fotogramma in fotogramma.
Mi
viene in mente il "principio di indeterminazione" di
Heisenberg che, se non sbaglio, era arrivato a questo principio,
perchè nel voler analizzare la particella, questa cambiava
continuamente e non poteva definirla, non poteva dire la particella è
così, perchè il momento dopo era diversa, detto in parole molto
povere.
Tutto in natura non è mai lo stesso.
In un certo senso, noi siamo come la particella che cambia continuamente e non la si può definire.
Ho usato il termine "cambiare", ma esattamente dovrei dire non che cambia, ma che la particella non è mai la stessa, così come il sentire non è mai lo stesso anche se collegato strettamente al precedente e al successivo.
In questi termini si può capire che il "noi" sparisce, perchè non c'è un "noi" che cambia, ma ci sono diversi "sentire" collegati tra loro.
Il "noi che cambia" è una visione del divenire e non dell'essere.
Ogni sentire è immutabile ed eterno, però non oggettivamente, ma sempre in relazione al sentire precedente e a quello successivo, come la collana di perle a cui si fa riferimento come esempio, perciò la nostra eternità sta solo nel Sentire Assoluto.
Tutto in natura non è mai lo stesso.
In un certo senso, noi siamo come la particella che cambia continuamente e non la si può definire.
Ho usato il termine "cambiare", ma esattamente dovrei dire non che cambia, ma che la particella non è mai la stessa, così come il sentire non è mai lo stesso anche se collegato strettamente al precedente e al successivo.
In questi termini si può capire che il "noi" sparisce, perchè non c'è un "noi" che cambia, ma ci sono diversi "sentire" collegati tra loro.
Il "noi che cambia" è una visione del divenire e non dell'essere.
Ogni sentire è immutabile ed eterno, però non oggettivamente, ma sempre in relazione al sentire precedente e a quello successivo, come la collana di perle a cui si fa riferimento come esempio, perciò la nostra eternità sta solo nel Sentire Assoluto.
Io
credo che ora sia giunto il momento (forse non per tutti) di
disgregare questa nostra soggettività illusoria e abituarci, invece,
a una non definizione di noi stessi e questo è un aprirsi al tutto.
Noi rimaniamo aggrappati al sentirci individuo, perchè, a mio parere, nell'individuo possiamo definirci, mentre nei sentire che cambiano di attimo in attimo non riusciamo a definirci e questo ci sconvolge.
Sentiamo di perdere la nostra soggettività e siccome ci siamo totalmente identificati in questa, perderla per noi significa morire.
Quando il "sentire" è ancora immaturo ha bisogno di un sostegno e per questo motivo si aggrappa alla propria soggettività, all'identificazione col corpo.
Vogliamo dei punti fermi di stabilità, perchè questi ci danno sicurezza e forza, mentre il sapere di essere sempre diversi fa crollare questa stabilità, ma è proprio questo che la vita ci spinge e stimola a fare.
Piano piano, quando la vita ci sente pronti, ci toglie tutti gli appoggi finchè il "sentire" non inizia a vibrare di per se stesso.
Se questa soggettività è stata di grande utilità in un primo momento, in un secondo momento deve essere superata.
Noi rimaniamo aggrappati al sentirci individuo, perchè, a mio parere, nell'individuo possiamo definirci, mentre nei sentire che cambiano di attimo in attimo non riusciamo a definirci e questo ci sconvolge.
Sentiamo di perdere la nostra soggettività e siccome ci siamo totalmente identificati in questa, perderla per noi significa morire.
Quando il "sentire" è ancora immaturo ha bisogno di un sostegno e per questo motivo si aggrappa alla propria soggettività, all'identificazione col corpo.
Vogliamo dei punti fermi di stabilità, perchè questi ci danno sicurezza e forza, mentre il sapere di essere sempre diversi fa crollare questa stabilità, ma è proprio questo che la vita ci spinge e stimola a fare.
Piano piano, quando la vita ci sente pronti, ci toglie tutti gli appoggi finchè il "sentire" non inizia a vibrare di per se stesso.
Se questa soggettività è stata di grande utilità in un primo momento, in un secondo momento deve essere superata.
Ora
questo non vuole essere un discorso puramente filosofico, ma è una
mia convinzione che la vita incentrata totalmente sul soggetto non
porta a niente (ne so qualcosa avendolo compreso dentro di me).
Come soggetto non ci sentiremmo mai uniti e in comunione con gli altri, perchè saremmo sempre condizionati e influenzati dal confronto inevitabile con noi stessi che porterà anche ai conflitti che ben conosciamo.
Ecco l'importanza di superare la propria soggettività e questa avviene da dentro di noi, nella consapevolezza interiore e solo dopo si esprimerà anche all'esterno.
Non si tratta di conservare la propria soggettività e pensare di migliorarla o perfezionarla o ancora allargarla con altri soggetti, saremmo sempre nel divenire di un "noi" che non esiste e rimarremmo nell'illusione, ma si tratterrà, invece, di comprendere l'illusione del "soggetto" che crediamo di essere e quindi superarlo.
Come soggetto non ci sentiremmo mai uniti e in comunione con gli altri, perchè saremmo sempre condizionati e influenzati dal confronto inevitabile con noi stessi che porterà anche ai conflitti che ben conosciamo.
Ecco l'importanza di superare la propria soggettività e questa avviene da dentro di noi, nella consapevolezza interiore e solo dopo si esprimerà anche all'esterno.
Non si tratta di conservare la propria soggettività e pensare di migliorarla o perfezionarla o ancora allargarla con altri soggetti, saremmo sempre nel divenire di un "noi" che non esiste e rimarremmo nell'illusione, ma si tratterrà, invece, di comprendere l'illusione del "soggetto" che crediamo di essere e quindi superarlo.
Quel
soggetto che crediamo di essere è l'apparenza del “sentire”, è
ciò che appare e non ciò che è. I veicoli fisici, astrali e
mentali sono ciò che il “sentire” emana e che un giorno, quando
non saranno più utili, si riassorbiranno.
Ecco perchè noi, identificandoci in essi, sentiamo e abbiamo paura di morire, perchè effettivamente questi veicoli muoiono e dovremmo prenderne altri nuovi e ritornare in terra finchè non comprendiamo l'illusione di essere quel soggetto rappresentato dai veicoli apparenti del “sentire”.
Prima dicevo di disgregare il soggetto e con questo termine intendo dire di abituarci a non avere più un punto fermo (soggetto) e comprendere, invece, la propria non definibilità, perchè questa indefinibilità è l'apertura al Tutto e il Tutto non è qualcosa di specifico, di definito, altrimenti non sarebbe il Tutto.
Ma, naturalmente, questo non può avvenire tramite la volontà dell'io, perchè non ci riuscirà mai, ma tramite la consapevolezza.
Sciogliere la soggettività è liberare dall'illusione l'essere che siamo.
Ecco perchè noi, identificandoci in essi, sentiamo e abbiamo paura di morire, perchè effettivamente questi veicoli muoiono e dovremmo prenderne altri nuovi e ritornare in terra finchè non comprendiamo l'illusione di essere quel soggetto rappresentato dai veicoli apparenti del “sentire”.
Prima dicevo di disgregare il soggetto e con questo termine intendo dire di abituarci a non avere più un punto fermo (soggetto) e comprendere, invece, la propria non definibilità, perchè questa indefinibilità è l'apertura al Tutto e il Tutto non è qualcosa di specifico, di definito, altrimenti non sarebbe il Tutto.
Ma, naturalmente, questo non può avvenire tramite la volontà dell'io, perchè non ci riuscirà mai, ma tramite la consapevolezza.
Sciogliere la soggettività è liberare dall'illusione l'essere che siamo.
<<Stolti, che vi fermate e volete immobilizzare il caleidoscopio delle forme che esistono proprio in forza della loro stessa variabilità, della loro stessa caducità. Che volete fermare? La forma delle nubi?
Che cosa volete imprigionare? Il pensiero? Non vi fermate all'esteriore, a ciò che appare. Non desiderate di godere per sempre del profumo del fiore, ma siate ciò che fa fiorire e profumare>> ("Le grandi verità")
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