COSCIENZA DI ESISTERE

 Si dice che, filosoficamente, qualunque cosa, per esistere, o ha una sua pur larvata coscienza d'essere oppure, se non ce l'ha, deve esservi qualcuno cosciente che la percepisce, altrimenti non esiste. Queste parole possono sembrare ovvie o insignificanti eppure non sono così scontate e hanno un loro aspetto interiore interessante.

Noi sappiamo di esistere, abbiamo coscienza che esistiamo, però questa coscienza non sappiamo bene cos'è. Vediamo, sentiamo, parliamo, pensiamo e questo ci testimonia che viviamo, ma tutte queste cose sono solo espressioni della coscienza, non la coscienza vera e propria; è ciò che appare e non ciò che è. Rimanendo nel ciò che appare la nostra coscienza è labile, insicura, indecisa e inconsciamente cerca appoggi per esistere e anche  testimoni che avvallino la sua esistenza. 
Ad esempio avere conoscenze, l'essere accettati, il farci notare, il sentirci considerati è una specie di testimonianza che cerchiamo dagli altri, come se gli altri ci confermassero che esistiamo. Nella solitudine di noi stessi si ha come una sensazione di non esistere e questo è maggiormente visibile in quelle persone, soprattutto adolescenti, che cercano in tutti i modi di farsi accettare dalla comunità, altrimenti la loro estraneità li fa cadere in depressione. Ci fa paura il vuoto, il silenzio, la solitudine, ma quel vuoto rappresenta la nostra coscienza pura e semplice senza il suo manifestarsi, senza qualcuno che ci testimoni che esistiamo.

L'io è per noi la massima testimonianza che esistiamo, ma non è la Coscienza vera e propria, infatti
i Maestri del Cerchio Firenze 77 sostenevano che non c'è un "io che sente", ma c'è il "Sentire". Tuttavia noi confondiamo questo sentire e trasformiamo il "sentire di esistere" in un "io" che sente di esistere.
In questi termini noi  releghiamo il "Sentire" (che è Coscienza, Essere) a una nostra semplice sensazione e la persona diventa più importante del Sentire stesso, ma sopratutto sentiamo la vita come "staccata" da noi per diventare un semplice oggetto: Io (soggetto) sento (verbo) l'esistenza (oggetto). 
Il "Sentire" invece è l'essere, e la stessa frase diventa: "essere l'esistenza".
Da qui si può capire che "essere" e "vita" si identificano nel "sentire di esistere", sono un tutt'uno, mentre con "io sento l'esistenza" c'è un soggetto che non si identifica con la vita, per cui, di conseguenza, sente anche la morte (oggi sento la vita, ma domani?).

In pratica, in questa fusione tra sostanza e proprietà (essere e vita) subentra un soggetto apparente che divide l'essere/vita e che distingue, perciò, il sentire/sensazione in felice o triste, sofferente o sano, fiducioso o demoralizzato, mentre il "vero" Sentire di esistere, cioè non quello di semplice sensazione, non è soggetto alla dualità, non ne è condizionato e che io sia felice o sia triste, che sia in perfetta forma fisica o sia malato, il sentire di esistere non cambia, cambia l'espressione, ma non il sentire in sè. 
L'Essere  ha vita propria, è la vita stessa e la possiamo considerare come la coscienza che sta dietro a ogni cambiamento, che osserva l'io e ogni sentire in senso lato. 

Nel libro "Oltre l'illusione" leggo: <<Perchè il processo di evoluzione dell'individuo si concretizza in queste parole: spostare la propria consapevolezza dai piani più densi ai piani più sottili. E dico e diciamo "consapevolezza" in senso lato, comprendente cioè anche "coscienza".
Voi vedete che nel piano fisico la vostra consapevolezza è nel piano fisico, così non si tratta, in definitiva, di muovere un veicolo fisico, ma di spostare la vostra consapevolezza a situazioni cosmiche rappresentanti diversi luoghi. Se voi, poi, vivete nel piano astrale, non vi siete spostati ma avete spostato la vostra consapevolezza al piano astrale e così via. Il Cosmo è lì, l'individuo è lì: il viaggio nello spazio e nel tempo si compie solo attraverso allo spostarsi della consapevolezza individuale>>.

E' un viaggio a ritroso verso la sorgente, in una fase di riassorbimento di noi stessi, una fase in cui ci accostiamo sempre di più alla sostanza spirito, alla sorgente, alla vera essenza di noi, in pratica a quel vuoto, a quel silenzio senza più necessità di qualcuno o qualcosa che ci testimoni che noi esistiamo. La coscienza inizia a vibrare dentro di noi da sola, senza più doversi appoggiare all'espressione, all'apparenza, a qualcosa al di fuori di noi stessi e soprattutto senza più appoggiarsi all'io.
Lo si può accostare ai 40gg di Gesù nel deserto, dove nel silenzio di sè era attorniato dalle tentazioni umane, per prendere totalmente coscienza di sè prima di iniziare la sua predicazione come figlio di Dio e che, metaforicamente, sta a indicare anche la nostra strada prima di essere Coscienza.



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