LA VERA SPIRITUALITÀ

 Ho l'impressione che la spiritualità si sia suddivisa in due tronconi, quella inerente al soggetto/io, volto, quindi, al benessere psico/fisico della persona e alla realizzazione di se stessi e quella in cui il soggetto viene trasceso.

Ecco, credo che il fulcro di tutta la spiritualità sia proprio in questa soggettività, che funge da "porta stretta" di evangelica memoria.

Riporto un estratto delle parole di Nisargadatta:

"Molte persone hanno un forte attaccamento alla loro individualità (ego). In primo luogo e sopra ogni altra cosa vogliono conservare la propria individualità e poi si dedicano alla ricerca, ma non sono pronti a perdere l'individualità. 

Vogliono conservare la propria identità e trovare la verità. Invece, in questo processo dovete sbarazzarvi dell'identità. Scoprendo davvero ciò che siete vedrete che non siete un individuo, non siete una persona, non siete un corpo. Chi si afferra alla propria identità corporea non è fatto per questa conoscenza."

Tratto da "La Medicina Suprema" - Sri Nisargadatta Maharaj

Per meglio chiarire questo concetto espongo una mia riflessione, che tra l'altro è meglio sviluppata nel mio libro "La menzogna dell'ego".

Noi ci identifichiamo in un "io" e partiamo dal presupposto che questo "io" sia il soggetto delle nostre azioni e parole, sappiamo anche che questo "io" è illusione, è apparenza, però lo sappiamo solo mentalmente, non ne siamo convinti, quindi continuiamo su questo presupposto, attribuendogli qualità e valori.

I Maestri del Cerchio Firenze 77 ci dicono che: "Non esiste un soggetto che "sente"; il soggetto è il "sentire" stesso" (dal libro "Oltre l'illusione") e inoltre: "Che non sia lo spettatore che si commuove alla proiezione delle scene commoventi del film, ma che sia la commozione dello spettatore - commozione che proviene dal più profondo del suo "sentire" - a determinare il succedersi sullo schermo delle scene commoventi? Provate a considerare la realtà da questo punto di vista, che è il punto di vista dall'Assoluto al relativo, e non dal relativo all'Assoluto; non dall'uomo a Dio, ma da Dio all'uomo." ("Per un mondo migliore"CF77).

In effetti, se ci pensiamo bene, chi è che si commuove veramente?

Quando vedo una scena che mi fa ridere o mi commuove tanto da piangere, chi è che ride o si commuove?

Credo di essere io a farlo, ma in realtà mi viene da dentro, non sono io a deciderlo, è qualcosa che sento forte dentro di me, tanto da piangere o ridere. Lo attribuisco alle mie emozioni, come una qualità del mio io, sempre in rilevanza e in funzione della presunta soggettività del mio "io" che credo di essere. Ma se fossi veramente io il soggetto, dovrei anche essere io a decidere se e quando ridere o piangere, invece non mi viene a comando, è qualcosa nel profondo di me a deciderlo.

Nel momento, invece, in cui voglio farlo io, questa mi accorgo è falsata, è una risata o lacrime di facciata, non è possibile per l'io decidere una risata o pianto vero. Quando è vera viene dal profondo di noi, quando lo vuole l'io è solo di facciata, è falsa, è "apparente".

Da qui si può capire la differenza tra "apparenza" ed "essere".

Per esempio "comportarsi" da altruista o "essere" altruista, la differenza non sta nella capacità della persona, ma è proprio nella soggettività; se c'è il soggetto, l'altruismo è solo di comportamento e quindi apparente; "essere" altruista, invece, è la fusione tra sostanza e qualità, quindi il soggetto si fonde con la qualità, diventa quella verità ed è quello che ci dicevano sempre i Maestri, che nel mondo del sentire si "é" anche quella verità, infatti nel mondo del "Sentire" non c'è un soggetto che percepisce, ma c'è l'identificazione, cioè sostanza e proprietà, o quantità e qualità si identificano, infatti Dio non è uno che ama, ma è "Amore", non è uno che ha coscienza, ma è "Coscienza", non è uno che vive, ma è "Vita".

Il soggetto/persona, per quanti sforzi potrà fare per diventare altruista, perverrà soltanto ad un comportamento, migliore o peggiore, ma sempre apparente, mentre "essere" altruista è aver trasceso l'io e la soggettività.

"Non esiste un soggetto che "sente"; il soggetto è il "sentire" stesso".

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