IMMORTALITA' E SOPRAVVIVENZA

 


Sento che l'origine di tutto, forse, è proprio nel sentirsi mortali, in questo sentirsi mortali si fa avanti l'io, la persona che sa di dover morire e da lì cerca in ogni modo di uscirne o di abbellire quel lasso di tempo concesso o di immaginare una sua sopravvivenza nell'aldilà.

Il sentirsi mortali vuol dire credere alla malattia, alla sofferenza che portano a breve o lungo termine alla deteriorazione e quindi alla morte, vuol dire credere ai bisogni corporali, al mangiare, al dormire, al freddo che portano col tempo alla morte se non li si possiedono.

Tutti fattori legati alla mortalità.

E' certo che il corpo muore, ma noi moriamo?

Si parla di anima che è immortale, molti ci credono, ma se ci credessero veramente si vedrebbero immortali e quindi non influenzati da malattie, sofferenze, bisogni che sono legati alla mortalità e non certo all'immortalità.

Forse l'origine di tutto è proprio questa visione, o meglio convinzione di non sentirsi immortali e rimandare questa immortalità nell'aldilà.

E' assurdo!

Se sono immortale lo sono da sempre, lo sono ora e lo sono sempre.

E' assurdo credere di essere mortale per poi diventare immortale.

L'immortalità non nasce e non muore, è senza tempo, non può nascere in un certo periodo; o c'è o non c'è, o esiste o non esiste.

La mortalità è insita nell'immortalità e quindi è illusoria, è relativa; essendo all'interno dell'immortalità, non può essere oggettiva, esistente a se stante, perchè altrimenti annullerebbe l'immortalità di cui fa parte.

L'immortalità è l'Essere, la Coscienza, la Scintilla divina;

la mortalità è l'ego, l'io, la personalità, l'uomo.

E l'ego è insito nell'Essere, quindi illusorio, non esistente oggettivamente, altrimenti annullerebbe l'Essere, proprio come la mortalità nell'immortalità.

Se sono immortale il “dopo”, il “tempo” non ha alcun significato ed ecco che vivo l'eterno presente. Se, invece, mi sento mortale, allora il dopo e il tempo mi preoccupa e cerco di rendermi meritevole e in questo inizio a creare un'apparenza, un'immagine di come potrebbe essere.

Vedo tutto in prossimità della mia mortalità, della mia vulnerabilità e, a modo mio, cerco di renderla gradevole a me.

Nel sentirsi e nell'essere totalmente convinti della propria immortalità cambia tutto.

Ma noi vediamo morti, malattie, brutture varie, tutte legate al sentirsi mortali (morte tua, vita mia) e questo ci appesantisce la consapevolezza, la abbassa.

Io posso alzare la mia consapevolezza, ma se non sono davvero convinto della mia immortalità, ricado sempre nella mortalità e i suoi surrogati.

Se io mi sento veramente immortale, la morte non può toccarmi, muore il corpo, ma io no, la sofferenza, la malattia non possono toccarmi, perchè sono surrogati della mortalità, tutto quello che deteriora è legato alla mortalità, al convincimento della mortalità. La morte avviene, ma sarà lieve, dolce, un semplice passaggio.

Il punto è proprio questo, a cosa veramente io credo?

Posso anche non rispondere, perchè lo vedrò subito a cosa credo, lo vedrò se ho paura di ammalarmi, se ho paura di soffrire, se ho paura di morire, se ho semplicemente paura, perchè questa è legata alla mortalità; la paura di morire crea tutte le altre paure.

Se io credo veramente all'immortalità, tutte le mie paure svaniscono e vivo serenamente.

Non esiste una mortalità che diviene immortale, come non esiste un io, un ego che diviene Essere; o credi nell'uno o credi nell'altro, è questo il passo decisivo, girarsi attorno alla fine ti porta a questo dilemma. Puoi fare tutte le esperienze che vuoi, ma alla fine ti ritrovi nello stesso dilemma, nella stessa porta. Puoi chiamarlo salto quantico, risveglio, illuminazione, e non è altro che il passaggio dal relativo alla totalità, dall'ego all'Essere, dalla mortalità all'immortalità, dal piccolo tassello del puzzle al quadro completo ed è un passaggio dovuto alla consapevolezza, non al divenire.

Uno spostamento di soggettività, non più l'ego è il soggetto, ma la Coscienza è il vero soggetto, il vero soggetto di te, di me e di tutti noi.

Davvero siamo in questo mondo per salvarci? Dio ci avrebbe dato la vita per poi doverci salvare? Dalla morte?

Tralasciando le varie ideologie e religioni, mi sono reso conto dentro di me che tutta la mia vita è un cercare di sopravvivere, di suggellare la mia sopravvivenza nel ricordo che avranno gli altri di me.

Perchè vogliamo essere considerati dagli altri? Perchè vogliamo che gli altri si accorgano di noi, magari diventando anche famosi? Perchè questo bisogno?

Vogliamo conferme della nostra esistenza? Vogliamo prolungarla inculcando negli altri il buon ricordo di noi? E' questo che intendiamo noi per sopravvivenza? Se ci guardiamo bene dentro, tutta la nostra vita è incentrata in questa ricerca spasmodica di sopravvivenza.

Lo sentiamo come un volerci “salvare”. E da qui si sono create religioni ad hoc per avvalorare questa nostra presunta sopravvivenza.

E se non è per la paura della morte, lo è per idolatrare la nostra sopravvivenza nell'aldilà.

Tutto è in funzione a questo.

Vogliamo in certo senso oggettivizzare la nostra soggettività, renderla reale ed eterna.

E la soggettività a cui mi riferisco, quella a cui siamo totalmente identificati, non è altro che l'io, altro che l'ego, un'immagine che abbiamo di noi stessi. Per questo fingiamo di volerlo superare, ma in realtà ne rimaniamo aggrappati.

Non ci sarà ideologia né religione che tenga che ci convincerà a mollare il nostro ego, significherebbe la nostra morte o almeno è quello che crediamo.

Ci attacchiamo all'ego per poter vivere e poterci salvare, quando invece è proprio con la sua morte che viviamo la nostra “innata” sopravvivenza, la nostra eternità.

La morte dell'ego, ovvero la morte dell'illusione, dell'apparenza a favore dell'Essere, dell'immortalità, dell'eternità che siamo.

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